Che bel romanzo. Bassani e il giardino dei Finzi Contini attraverso un mosaico di immagini e parole tratte da quotidiani, periodici e riviste del 1962 - page 54-55

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Franco Gentilini
, Ritratto
di Giorgio Bassani
, 1947.
Olio su tela, cm 100 x 75.
Codigoro (FE),
Fondazione Giorgio
Basssani
Millenovecentosettanta: esce nei cinema
Il giardino dei Finzi-
Contini
diretto da uno dei grandi maestri del cinema italiano,
celebre in tutto il mondo, fra i padri del neorealismo italiano,
Vittorio De Sica. L’opera ottiene un grandissimo successo di
pubblico, vince l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e, nel 1972,
vince l’Oscar come miglior film straniero.
La storia per la realizzazione di questo film è solo una delle tante
controverse e avventurose della storia del cinema italiano. Inizia
nel 1963, quando la “Documento film”, attraverso Fausto
Saraceni, si assicurò i diritti cinematografici dell’opera lettera-
ria. È lo stesso Bassani a ricostruire l’estenuante vicenda scri-
vendo un lungo articolo su «L’ Espresso» nel 1970.
Il primo ad interessarsi alla realizzazione di un film dall’amatis-
simo libro di Giorgio Bassani fu Valerio Zurlini che con
Salvatore Laurani presentò una sceneggiatura che non piacque
né a Bassani né alla produzione.
Quello del regista bolognese fu un conflitto amichevole con
Bassani, che tuttavia non volle permettere che il film su Giorgio,
Micòl, Alberto, il professor Ermanno, la signora Olga, Malnate
divenisse una storia più ampia che finiva per coinvolgere anche
i personaggi raccontati da Bassani in
Cinque storie ferraresi
e ne
Gli occhiali d’oro
.
Bassani riconosce i buoni propositi di Zurlini, per quanto rite-
nuti fuorvianti: «Che cosa avevano voluto, Zurlini e Laurani, se
non prendere le mosse dal sottoscritto e dai suoi libri per pro-
durre una sorta di affresco sulla tragedia ebraica in toto: ferra-
rese, italiana e mondiale?».
Zurlini abbandonò il progetto nel 1966 quando, nonostante l’in-
tervento sulla versione Zurlini-Laurani prima di Franco Brusati
poi di Tullio Pinelli, né Bassani né la casa di produzione si repu-
tarono soddisfatti.
All’inizio del 1970, Saraceni convince Vittorio De Sica a farsi
carico del progetto. Il primo accordo fra il produttore e Bassani,
per riuscire a consegnare la sceneggiatura a De Sica, fu quello
che avrebbero commissionato una nuova versione a un loro
autore di fiducia, che poi si scoprì essere Vittorio Bonicelli, e in
un secondo tempo sarebbe subentrato Bassani per curare i dialo-
ghi. Ancora una volta, il nuovo incaricato, invece di ripartire da
zero, riprese la versione di Zurlini, Laurani, Brusati, Pinelli che
avrebbe fagocitato in un solo film l’intera opera dello scrittore.
Bassani si accorda ancora con la “Documento”, per una nuova
sceneggiatura ad opera sua assieme a Bonicelli, a quattro mani.
Bassani è soddisfatto del lavoro svolto con Bonicelli, ma quando
consegna la sceneggiatura al produttore, scopre che Saraceni
pretende una revisione tecnica da un nuovo sceneggiatore
ancora da decidersi. E Bassani accetta di buon grado, a condi-
zione che la sceneggiatura gli fosse restituita in pochi giorni, per
licenziarla dopo le ultime revisioni e modifiche. Bassiani chiese
che per nessun motivo il film potesse essere privato, come pre-
visto nella sua sceneggiatura, della presenza “ritornante, osses-
siva” di sequenze in bianco e nero, che ricostruissero i rastrella-
menti degli ebrei ferraresi avvenuti dopo l’8 settembre del ‘43.
Il nuovo sceneggiatore si rivelò ugo Pirro, scrittore di cinema
affermatissimo, che con la sua autorevolezza professionale poté
metter mani alla sceneggiatura in piena libertà.
Pirro non solo non restituì a breve la sceneggiatura, non solo eli-
minò l’idea dei “flash” sul rastrellamento, ma inserì espedienti
che a Bassani parvero inaccettabili: il più importante, in effetti
un vero falso storico, quello di far avvenire i rastrellamenti
prima dell’8 settembre.
E altrettanto grave, sul piano di rispetto della sensibilità perso-
nale dello scrittore, essendo il film autobiografico, di condurre
all’arresto e alla morte il padre di Giorgio. Come scrive Bassani,
sempre su «L’Espresso»: «Il colmo fu raggiunto facendo partire
il padre di Giorgio verso i campi di sterminio nazisti. Capisco che
riuscisse comodo sistemarlo così, giusto per fargli dire, alla fine,
Il giardino infinito e la riduzione cinematografica
Anna Maria Quarzi
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