Scheda: Oggetto - Tipo: Documento

Ossessione

Riprese al Castello

Regia: Luchino Visconti

Interpreti: Massimo Girotti, Clara Calamai

Soggetto: liberamente ispirato al romanzo di James M. Cain

Il postino suona sempre due volte (1934)

Sceneggiatura: Luchino Visconti, Mario Alicata, Giuseppe De Santis, Gianni Puccini,

Alberto Moravia, Antonio Pietrangeli

Fotografia: Aldo Tonti, Domenico Scala

Montaggio: Mario Serandrei

Musica: Giuseppe Rosati

Produzione: Industrie Cinematografiche Italiane S.A.

Durata: 135’


Realizzazione: 1943

Categorie

  • via | teatro | scuola | regista | re | porta | poeta | pastore | orto | intellettuale | giornalista | famiglia | critico | cinema | battaglia

Tag

  • Ferrara set ideale

Location

Castello Estense

Cattedrale

via Saraceno

Piazza Castello

Stazione Ferroviaria

 

Un vagabondo, Gino Costa (Girotti), arriva allo spaccio di Bragana (Landa), uomo rozzo che ha una moglie, Giovanna (Calamai), troppo bella per lui. Gino mangia e non paga, allora il proprietario gli fa fare il meccanico per poter essere risarcito. Fra Gino e Giovanna nasce qualcosa, anche se non espressa all'inizio. Poi i due diventano amanti. Gino cerca di "ravvedersi", si allontana. Vaga di paese in paese, ma poi incontra di nuovo i coniugi e la relazione riprende. Giovanna, che ormai odia il marito, istiga Gino ad ucciderlo. Tratto dal romanzo dell'americano James Cain Il postino suona sempre due volte (1934), è la prima opera di Visconti, da molti ritenuta la sua più importante e una delle maggiori del cinema italiano. Ossessione arriva sia dalla cultura francese, intellettuale e non prevedibile, sia da quella americana efficace e senza fronzoli, unita a quella italiana mediatrice e «drammaticamente equilibrata». Massimo Girotti, appena ventiquattrenne, e Clara Calamai (chiamata all'ultimo momento per sostituire Anna Magnani) che camminano, scuri e infelici sulla riva del Po, fanno parte della liturgia del nostro cinema. Ossessione è considerato il film che ha dato origine al neorealismo, secondo le parole stesse di Mario Serandrei.

Il regista

Luchino Visconti (1906-1976) da ragazzo legge assiduamente i classici del romanzo europeo e studia il violoncello. Nato a Milano nel 1906, sin da bambino matura la propria passione per il teatro, frequentando il Teatro la Scala di cui i suoi avi sono stati soci fondatori, e per la musica. La letteratura è altresì uno dei suoi interessi principali, specialmente i classici del romanzo europeo. Quando nel 1926 si arruola nell’esercito, Visconti ha modo di viaggiare in lungo e in largo e si sofferma per un po’ di tempo a Parigi, dove avrà modo di conoscere personalità influenti del calibro di Kurt Weill, Jean Cocteau, Coco Chanel e Jean Renoir, per il quale lavorerà, in veste di costumista, durante la realizzazione della pellicola Partie de campagne (1936).

Nel 1939, in seguito della perdita della madre, Visconti si trasferisce a Roma dove frequenta gli artisti e gli intellettuali che gravitano attorno alla rivista «Cinema» e inizia a collaborare a svariati progetti cinematografici. Tra il 1942 e il 1943 dirige Ossessione, opera che verrà successivamente ritenuta uno dei primissimi esempi del movimento neorealista. Nel 1947 il regista si reca in Sicilia per girare un documentario sui pescatori di Aci Trezza, ma da questo progetto nasce la Terra trema (1948), liberamente ispirato a I Malavoglia di Giovanni Verga. Tra il 1948 e il 1951 Visconti si dedica al teatro, per poi ritornare sul grande schermo con un altro capolavoro intitolato Bellissima (1951), magistralmente interpretato dal divina Anna Magnani. Nel 1954 gira Senso (1954), un’opera di gusto verdiano, volta ad esaltare gli ideali del Risorgimento italiano; anche in questo caso, il film è interpretato da un’altra diva del nostro star system, Alida Valli, e alla regia collaborarono, in qualità di aiuto, Franco Rosi e Franco Zeffirelli.

Regista cinematografico, documentarista, regista teatrale e lirico, coreografo di balletti, le qualità poliedriche di Visconti si riflettono nelle sue opere cinematografiche, rese particolarmente note dalla perizia e dalla accuratezza maniacale con cui l’autore ricostruisce gli spazi, andando a reperire gli oggetti di scena autentici rispetto alle epoche storiche che fanno da sfondo alle vicende narrate. Visconti è altresì un autore internazionale, noto per la sua collaborazione con attori e attrici stranieri come Jean Marais (Le notti bianche, 1957, ispirato all’omonimo romanzo di Dostoevskij), Alain Delon (Rocco e i suoi fratelli, ispirato a Giuseppe e i suoi fratelli di Mann e alle opere del poeta Rocco Scotellaro, 1960), Burt Lancaster (Il Gattopardo, accanto a Delon e Claudia Cardinale, e tratto dal romanzo di Tomasi di Lampedusa, 1963), e soprattutto Helmut Berger divenuto famoso per il suo ruolo ne La caduta degli dei (1969), Ludwig, accanto a Romi Schneider (1973). Di Thomas Mann ha adattato il decadente Morte a Venezia del 1971, interpretato dal britannico Dirk Borgade.

Il Maestro si spegne a Roma nel 1976. I suoi ultimi lavori sono Gruppo di famiglia in un interno (1974) e L’innocente (1976). Quest’ultima pellicola, tratta dall'omonimo romanzo di D'Annunzio e presentata postuma a Cannes nel 1976, parla della morte e della decadenza: «il crollo di un mondo, di una società e di un'epoca, visto attraverso la sconfitta di uno o più individui che ne rappresentano la classe egemone».

Collaboratori&cast

Alla sceneggiatura collaborano con il regista Mario Alicata, Giuseppe De Santis, Gianni Puccini, Alberto Moravia, non accreditato, e Antonio Pietrangeli (vedi scheda di La visita), mentre il montaggio è curato da Mario Serandrei. Nel cast figurano due astri destinati a segnare il nostro cinema, Clara Calamai e Massimo Girotti (vedi scheda di Cronaca di un amore).


Mario Alicata (1918-1966) nasce l'8 maggio 1918 a Reggio Calabria. Nel 1925 la famiglia si trasferisce a prima a Palermo e dopo, nel 1933, a Roma, poiché il padre viene nominato ispettore del ministero dei Lavori Pubblici. A partire dal 1941 Alicata inizia la propria collaborazione cinematografica con L. Visconti, assieme a P. Ingrao, G. De Santis, M. Puccini, A. Trombadori. Si combatteva, sul versante cinematografico, la battaglia contro il cinema fascista e disimpegnato, a favore di un cinema alternativo ispirato alla letteratura americana e all'opera di Giovanni Verga, i cui racconti «ci sembrano indicare – scrivono Alicata e De Santis – le uniche esigenze storicamente valide: quelle di un'arte rivoluzionaria ispirata ad una umanità che soffre e spera» (VI [1941], n. 127, p. 217). A questa poetica sono ispirati, per esempio, L'amante di Gramigna, Jeli il pastore e il romanzo di J. Cain Il postino suona sempre due volte, adattato per il film Ossessione uscito nel 1943 tra scandali e polemiche dei fascisti.

 

Giuseppe De Santis (1917-1997) è nato a Fondi (provincia di Latina) l'11 febbraio 1917; dopo gli studi universitari inizia a lavora inqualità di critico cinematografico per la rivista «Cinema» e, mentre frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia, muove i primi passi nel cinema collaborando con Camillo Mastrocinque in Don Pasquale (1940). Fratello del grande direttore della fotografia Pasqualino De Santis, Giuseppe successivamente lavora come aiuto regista di Luchino Visconti in Ossessione (1943), film che gli fa incontrare un vecchio amico conosciuto sui banchi di scuola, Massimo Girotti che De Santis sceglierà per il suo Caccia tragica (1946), scritto insieme a Carlo Lizzani e Michelangelo Antonioni e Cesare Zavattini. Da Riso amaro De Santis dedica il proprio occhio alle storie degli umili, e predilige lavorare con le attrici italiane più belle di quel periodo: quali, Silvana Mangano, Lucia Bosè (Non c'è pace tra gli ulivi, 1950), Silvana Pampanini (Un marito per Anna Zaccheo, 1953).

De Santis, a tutt’oggi considerato uno dei più autorevoli registi del neoralismo cinematografico, nei primi anni Cinquanta del Novecento ha dovuto affrontare la censura, poiché le sue opere erano ispirati a fatti di cronaca. De Santis riceve una candidatura agli Academy Awards per La strada lunga un anno (1958), interpretato da Gordana Miletic che diventerà la sua seconda moglie. Negli anni Sessanta gira La Garçonniere (1960) e Italiani brava gente (1964); dopo otto anni di inattività forzata dirige il suo ultimo film, Un apprezzato professionista di sicuro avvenire (1972). Nel 1995 De Santis riceve il Leone d'Oro alla carriera al Festival di Venezia. Si spegne a Roma il 16 maggio del 1997.

 

Alberto Moràvia, pseudonimo di Alberto Pincherle (1907-1990), esordisce con il realismo provocatorio ne Gli indifferenti (1929), romanzo capitale nella letteratura italiana del Novecento che illustra, attraverso la storia di una famiglia, la decadenza morale della classe borghese sotto il fascismo. Il rapporto tra purezza e corruzione e l'osservazione delle trasformazioni sociali tornano nei suoi romanzi migliori: Agostino (1944), L'amore coniugale (1949), La ciociara (1957), La noia (1960), L'uomo che guarda (1985). Moràvia ha collaborato con vari periodici, quali il «Corriere della sera«, «L’Espresso», curando la rubrica cinematografica, ed è stato tra i fondatori della rivista «Nuovi argomenti» (1953), che ha diretto con altri fino alla morte. Scrittore, drammaturgo saggista, giornalista e reporter, Moràvia è stato anche deputato al Parlamento europeo dal 1984 al 1989.

Parallelamente, il suo costante bisogno di confrontarsi con i problemi contemporanei ha trovato naturale quanto felice esito nelle prose giornalistiche e saggistiche raccolte in volumi che hanno avuto un successo pari a quello dei romanzi: Un mese in URSS, 1958; Un'idea dell'India, 1962; L'uomo come fine e altri saggi, 1964; Al cinema, 1965; La rivoluzione culturale in Cina, 1968; A quale tribù appartieni?, 1972; Impegno controvoglia, 1980; Lettere dal Sahara, 1981e Inverno nucleare, 1986. Diverse opere di Moràvia sono state adattate per il grande schermo, oltre a essere state tradotte in diverse lingue. Il romanzo La donna leopardo (1991), la raccolta di articoli Diario europeo (1992) e il volume di racconti Romildo (1994) sono stati pubblicati postumi.

 

Clara Calamai nasce a Prato nel 1915. Negli anni Cinquanta diventa un’attrice molto popolare, o meglio una diva del cinema a tutti gli effetti, grazie a La cena delle beffe (1941) in cui mostra il primo seno nudo della storia del cinema italiano, e soprattutto grazie al suo sodalizio con Visconti per il quale recita in Ossessione, Le notti bianche (1957) e Le streghe (1967). Clara Calamai, infatti, si palesa dunque come la «quintessenza del divismo autarchico», assieme a Luisa Ferida, Maria Denis, Alida Valli, Assia Noris, Elisa Cegani, incarnando altresì il mito della femme fatale ante-litteram, particolarmente evidente nel ruolo della signora Elena in Addio giovinezza! di Poggioli (1940). Tuttavia, l’aura divistica dell’attrice viene meno e, grazie a un altro ruolo che l’ha fatta risorgere dalle ceneri come una Fenice, l’attrice ritorna sul grande schermo a interpretare una pellicola destinata diventare un cult del cinema horror italiano, Profondo Rosso di Dario Argento (1975): il regista, infatti, per l ruolo dell’assassino pensava a un’attrice un tempo famosa e lontana da tempo dalle scene e questo è il motivo per il quale la scelta è caduta proprio su Clara Calamai.

 

«Eravamo nel ’43 ... Visconti girava Ossessione sulle rive del Po e sempre sul Po, a pochi chilometri di distanza, io giravo il mio primo documentario». (Michelangelo Antonioni)

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara

Autore

  • Doris Cardinali
  • Matteo Bianchi