Scheda: Luogo - Tipo: Monumenti, lapidi e fontane

Punta della Giovecca

Punta della Giovecca

La Punta della Giovecca è in realtà l'esito di uno dei maggiori interventi architettonici apportati alle Mura prima della Seconda guerra mondiale: un intervento che suscitò dibattiti e polemiche a livello locale e nazionale.

 


Lat: 44.831788744227 Long: 11.633204732791

Trasformazione: 1936
decisione delle autorità comunali di aprire i due fornici delimitanti la Punta della Giovecca

Prima della Punta, il Canton del Follo

Risale al 1936 la decisione delle autorità comunali di aprire i due fornici delimitanti la Punta della Giovecca, ossia il semi-baluardo orientale posto a presidio dell'omonima (e imponente) via terminata e lastricata alla metà del XVI secolo. Prima delle nuove costruzioni murarie di Biagio Rossetti della fine del XV secolo e poi dei rifacimenti voluti da Alfonso I d'Este, questo punto delle mura era denominato “Canton del Follo”, da cui prese il nome l'omonima Via Cisterna del Follo. Secondo Girolamo Melchiorri, il nome:

deve rimontare al secolo XIV: perché in questa via, fino d'allora, esisteva una “cisterna” o pozzo, per lavare la lana greggia e per follare i panni, premerne cioè e battere il feltro e i panni, per condensarne il pelo. L'arte di lavorare la lana e di farne drappi e i panni in Ferrara, rimonta appunto a quel secolo. Infatti fino dal 1370 si esercitava tra noi quest'arte; e con Giovanni da Consandolo, col favore del marchese Alberto d'Este, fabbricò a sue spese nel Borgo della Pioppa in Quacchio, un “Follo” e vi cominciò a lavorare il 19 luglio 1392. L'edifizio sorgeva presso a poco ove oggi è la prospettiva della Giovecca, in luogo denominato “Canton del Follo” dove nel ripiegamento delle mura, da oriente a tramontana, si vedeva una torre con una porta, detta il Portello del Follo.

 

Gli sventramenti e le polemiche degli anni '30 del Novecento

L'apertura dei due varchi dette luogo a un vivacissimo dibattito politico e culturale che oltrepassò i confini ferraresi. Si trattava di collegare la città con la nuova strada diretta a Tresigallo, verso il mare, e di creare quindi una breccia nelle Mura estensi. Si fronteggiarono così le tesi di chi voleva salvaguardare l'integrità artistica e architettonica della cinta, proponendo di convogliare il traffico attraverso il passaggio dell'ex Porta di San Giovanni, più a nord, e di chi, invece, propendeva per una monumentale apertura in asse con Corso Giovecca, distruggendo anche la scenografica Prospettiva progettata nel 1703 dall'architetto Francesco Mazzarelli e la retrostante scalinata: alcuni senatori del Regno presi da furore modernista, invocarono finanche la demolizione dell'intero circuito fortificato, “orpello del passato”, come stava avvenendo o era già avvenuto in altre importanti città italiane. Così tuonava dalle colonne del “Corriere Padano” del 15 agosto 1936 il senatore Vico Mantovani:


A questi lumi di luna, mentre dovunque, in città di qualsiasi importanza, si stanno demolendo appunto bastioni, quartieri interi, fabbricati di rilievo artistico non comune e, a Roma, parte delle antichissime mura, non si capisce perché a Ferrara si pretenda di conservare, a qualunque costo un vialetto che non ha mai costituito un passeggio pubblico nel vero senso della parola perché non ha mai avuto e non ha le caratteristiche necessarie e sufficienti allo scopo, e che, nel tempo, quando era fiancheggiato da una folta alberatura, ha solo servito di meta, nelle ore piccine, a qualche coppia randagia in cerca di una località tranquilla e … sicura!Senza vagare con la mente alla ricerca di raffronti e di soluzioni adottate in contingenze simili, si vuole accennare ad un caso verificatosi in una città molto vicina e che calza perfettamente a quello di Ferrara: Via Indipendenza di Bologna può costituire un esempio da imitare. A Bologna si è demolito non solo un tratto di Mura, ma parte di un modesto fortilizio di cui alcuni residui si vedono ancora!A Bologna, come a Roma, come a Firenze, come a Milano, come in quasi tutte le città del nostro Paese il piccone fascista che provvede, inesorabile, ai bisogni, agli sviluppi e al decoro della pulsante nuova vita cittadina, sta compiendo il suo dovere: speriamo che ciò avvenga anche a Ferrara!


Alla fine, con un compromesso fu deciso di aprire due sottopassaggi per conservare la continuità muraria e la scalea sullo sfondo della Prospettiva. Tra i principali oppositori del “partito del piccone”, vanno ricordati Pietro Niccolini, Vittorio Cini e soprattutto Giuseppe Agnelli, presidente della benemerita associazione Ferrariae Decus, da lui fondata nel 1906 proprio con lo scopo di salvaguardare la “bellezza e il decoro” della città estense.

 

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara