Max Ascoli e Ferrara - page 52

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Max Ascoli nella Ferrara
del primo trentennio del Novecento
Avvicinare la complessa personalità di Max Ascoli è incontrare e scon-
trarsi, come evidenzia il lavoro di Alessandra Taiuti
[1]
, con “
un uomo stra-
no, non facile da amare, ma impossibile da non rispettare, dotato di pro-
fondi principi, solito ad intemperanze, povero di complimenti, pronto al-
la polemica e all’urto, tuttavia coraggioso, generoso, curioso, con una
mente brillante… un grande animo, una straordinaria intelligenza…
generoso con gli esuli e con l’antifascismo italiano
”.
Un personaggio multiforme, tanto che le composite sfaccettature poteva-
no farlo sembrare contraddittorio. Lui stesso dichiarò, in un incontro con
Gina Formaggini, autrice di un suo profilo
[2]
, che “
non aveva mai consi-
derato l’essere ebreo come un fattore determinante della sua vita. L’essere
liberale e antifascista era, in certo modo, una cosa più vera, perché più
vissuta
”.
Le ascendenze familiari ebraiche ebbero, in realtà, un ruolo, se non pro-
prio decisivo, importante per la sua formazione culturale ed influente sul
piano della sua visione ed azione politica.
Le connotazioni che abbiamo evidenziato nella prima parte del lavoro,
in certo modo tipiche del “
quid
” di ebraicità, si ritrovano, infatti, sfumate
o amplificate nella eclettica individualità di Max Ascoli. Coglierne le di-
verse istanze o ipotizzarne le motivazioni, evidenziarne le linee direttrici
è il filo conduttore di questa sezione, in cui ci si propone di accostare la
figura di questo grande intellettuale, capace di inverare nella sua prassi
gli ideali che lo animavano, nelle dinamiche dei rapporti con la Ferrara
del primo trentennio del ’900.
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