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Max Ascoli e Ferrara
I luoghi della formazione giovanile di Max Ascoli
il fascismo. Causa remota furono i quattro anni di guerra, “
atmosfera di
caso, nell’attesa o nel timore frenetico di un proiettile che troncasse la vi-
ta propria o quella di un essere caro… o di un ordine irresponsabile o
definitivo
[24]
. Causa prossima: i giovani, al ritorno dalla guerra, furono
lasciati senza strumenti per capire lo squilibrio che si era creato fra ”
l’au-
mentata capacità degli animi e la reale esperienza di vita
[25]
, fra “
stati
d’animo troppo intensi, che non si possono più rivivere e condizioni di
vita presente, in cui non si può più vivere
” (Ascoli, 1923 a)
[26]
.
La responsabilità di questo vuoto, nella capacità di lettura della realtà,
dipese “dai maestri”, dagli uomini di cultura, che non avevano capito
che la “
democrazia non consiste solo negli immortali principi… ma è cri-
tica che si svolge in ogni testa, poiché su ogni testa cadono le conseguen-
ze delle azioni; critica che si manifesta come libertà di voto e libertà di
parola, di pensiero, di azione
” (Ascoli, 1923 a)
[27]
.
Non dunque per “caso”, come sosteneva Croce, il fascismo era arrivato
al potere e i fascisti non erano una “
banda di avventurieri che gestivano
il potere
” aprendo una “
parentesi
” nella storia del progresso in Italia
[28]
,
ma di tutto ciò erano responsabili gli intellettuali, che non avevano sapu-
to anticipare e guidare la grande forza dei giovani, “
giganti
” per la loro
forza e le loro potenzialità, ma “
ciechi
” per la mancanza di autentiche
idee guida verso una vera democrazia.
Gli intellettuali avevano obliato il vero liberalismo; anzi avevano smarrito
il senso dell’essere “
gentiluomo liberale
[29]
, essere cioè esempi di meto-
do di vita e di disciplina come Alexis de Toqueville, che indicò la strada
della democrazia e della libertà, additandone anche, come suo più gran-
de pericolo, l’essere “
una gran massa fluida e flaccida non organizzata
ma trascinata dal suo peso
” (Ascoli, 1923 b)
[30]
.
Il fascismo, dunque, era dovuto a precise mancanze di assunzione di
consapevolezza del loro ruolo da parte degli intellettuali, dopo la prima
guerra mondiale. Per contrastarlo efficacemente non c’era altra soluzione
che riscoprire la responsabilità e la coerenza della loro funzione di pro-
muovere una nuova “
lotta di classe
[31]
. “
Non nel senso che alla pace si
debba preferire la guerra proprio perché non si può in alcun modo con-
cepire che cosa sia la pace
” nel tempo in cui imperava il fascismo “
dan-
nunzianesimo in edizione Sonzogno
”, proponente una pace dal signifi-
cato “
subdolo, corruttore, anarchico e reazionario
” (Ascoli, 1923 c)
[32]
.
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