Scheda: Soggetto - Tipo: Persona

Ser Mele

Comunità Ebraica. Lapide che riporta la donazione di Ser Mele. Fotografia Andrea Pesaro. © Comunità ebraica di Ferrara

Ser Mele, ebreo da Roma, è il benefattore che ha acquistato l’edificio di via Sabbioni affinché la Comunità ebraica ferrarese avesse un luogo fisso dove celebrare il proprio culto.


Nascita: XV Sec. (1400-1499)

Morte: 1486

Categorie

  • benefattore

Tag

  • Ferrara ebraica

1. Dati biografici

Negli anni Ottanta del XV secolo, nella strada dei Sabbioni vive (mes)ser Mele, noto anche come Samuele Melli. Figlio di Salomone Melli, è oriundo di Roma; si trasferisce a Mantova e di là, con la sua attività finanziaria, a Ferrara. Si sa che sposa Anna e non ha figli. È una personalità rilevante nell’ambiente ebraico ma anche presso la corte estense: con un privilegio, il duca Ercole d'Este lo riconosce a tutti gli effetti cittadino ferrarese. “Religioso, colto, possiede una piccola ma importante biblioteca, abita con la moglie in due semplici camere d’affitto in quell’edificio di via Sabbioni che diverrà centro della sua attenzione. Ha un tenore di vita sobrio, come si conviene a persona austera e devota” (Ravenna 1997, p. 19). Gli scarsi dati biografici sono bilanciati dal documento finale, quel testamento con il quale intende tramandare il suo nome mediante un progetto speciale, “desideroso per sua convinzione e per la conservazione della sua legge di fare qualcosa di comodo e utile alla salute spirituale sua e degli ebrei”. Ser Mele sa che a Ferrara ancora non esiste una Università (Comunità) che rappresenti legittimamente gli ebrei e, più di tutto, sa che essi non hanno un luogo fisso per pregare, ma devono servirsi di piccoli oratori in case private, con il divieto di chiamarli ‘sinagoga’. Questo vuole ser Mele: che i suoi correligionari abbiano una sinagoga pubblica per celebrare dignitosamente il culto. L’impresa prende avvio dal testamento dell’anziano ser Mele, che mette a disposizione le sue cospicue sostanze individuando nel grande edificio dove abita il luogo adatto: nella grande casa a tre piani con due cortili vi sono un banco di pegno, botteghe e abitazioni, ma “soprattutto vi è, al secondo piano, l’oratorio italiano più antico della città che egli frequenta quotidianamente”. Si sa che l’oratorio era aperto almeno dal 1422 (ivi, p. 20). Ser Mele acquista l’edificio nel 1481 e fissa le condizioni della donazione, ripetendole nel testamento dettato al notaio Sebastiano da Fiesso il 9 ottobre 1485. Alla moglie Anna assicura una rendita vitalizia, delibera diversi legati e stabilisce che i redditi dello stabile siano destinati a reggere l’oratorio (con un addetto e un maestro stipendiati), mentre le altre rendite derivanti dai suoi capitali saranno elargite ai poveri. Alle ultime volontà aggiunge che queste siano incise in un marmo da collocare nella sinagoga: parole che sono ancora lì a testimoniare il valore dell’atto del generoso benefattore.

2. Il testamento

“Ser Mele da Roma figlio del fu Salomone, abitante in Ferrara nella contrada di S. Clemente, con suo testamento dispone che il suo corpo sia sepolto nel luogo consueto di sepoltura degli ebrei; che i suoi commissari, traendo dai redditi dei beni della sua eredità, diano ogni anno 3 ducati a un ebreo che attenda alla celebrazione dell’ufficio degli ebrei, e 12 ad un maestro che istruisca nelle lettere gli ebrei poveri; che in perpetuo resti accesa la sua lampada d’argento durante l’officiatura, e per la celebrazione dell’ufficio lascia la sua Bibbia e tutti i suoi libri, dei quali deve essere redatto inventario e fatto ricordo in una pietra marmorea da porsi nel luogo dell’officiatura a perpetua memoria. Lascia alla moglie Anna 150 ducati per restituzione della sua dote, da trarre da beni mobili ed immobili della sua eredità, ed un reddito di 15 ducati annui fino a quando non sarà soddisfatta di detta sua dote; le lascia panni, vestiti ed argenteria e masserizie ad essa sufficienti, ma il resto dei beni mobili deve essere venduto e il ricavato dispensato ad ebrei poveri. Lascia alla moglie pure l’uso in vita sua delle stanza che ora sono di loro abitazione. [...]Se accadrà, col tempo, che non si celebri più in detta casa l’ufficio solito degli ebrei, dispone che la casa possa essere venduta a prezzo stimato conveniente da due ebrei di Mantova, due di Bologna e due di Ferrara, ed il ricavato impiegato nell’acquisto di un’altra casa nella quale sarà celebrato l’ufficio consueto degli ebrei, ma anche la nuova casa sia locata ad affitto ed il reddito distribuito in elemosine, come era per la casa venduta. [...]”. (Ravenna 2012, pp. 67-68; regesto in Franceschini 2007, doc. 1128)

Luoghi correlati

Ente Responsabile

  • Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

Autore

  • Edoardo Moretti
  • Sharon Reichel