Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

La Cattedrale

Cattedrale. Fotografia Massimo Baraldi. © Archivio Fotografico della Provincia di Ferrara

Posto nel cuore della città, il duomo fu una delle mete privilegiate delle passeggiate di Ludovico Ariosto; lui stesso, nelle Satire, ci ricorda quanto gli piacesse “passeggiar fra il Domo e le due statue de’ Marchesi miei” (Satire, VII, 151).


PIAZZA DELLA CATTEDRALE 1

Costruzione: 1135

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  • via | tempio | romanico | porta | poeta | piazza | orto | gotico | fabbricato | fabbrica | edificazione | comunità | chiesa | cappella | architetto

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  • La città di Ludovico Ariosto

La vita di Ariosto attorno al Duomo

La Cattedrale di Ferrara rappresenta uno dei luoghi più cari a Ludovico Ariosto, presente in alcuni momenti significativi della sua biografia e sicuramente importante fonte di ispirazione nello sviluppo della sua personale poetica. A questo luogo è strettamente legato un episodio rilevante per la vita di Ariosto e per la sua maturazione professionale. Nel 1495 un giovane Ludovico, pur costretto dall’imposizione paterna a studiare controvoglia materie legislative , compose una bella orazione in esametri in lode alla Giurisprudenza. Il componimento, prodotto per l’ultimo dei sui studi di legge e che fungerà da prolusione ai successivi studi universitari, verrà da lui recitato all’interno del Duomo di Ferrara alla presenza del Duca, del Giudice dei Savi, del Vescovo, dei Professori e degli scolari oltre che a un certo numero di persone di alto ceto interessati all’occasione. L’orazione raccolse vasto consenso e suscitò una tale ammirazione da parte di tutti i presenti da fornire ad Ariosto l’occasione per far leva
sull’animo del padre e persuaderlo a concedergli di abbandonare gli studi legali per quelli letterari. Il benestare del genitore arrivò al poeta con molto contrasto anche grazie all’affettuosa intercessione del suo carissimo amico e cugino Pandolfo, suo coetaneo ad egli affine sia nell’indole che negli studi.
Alla Cattedrale e alle strade che la circondano sono, inoltre, legati i momenti più spensierati della vita del giovane Ariosto, quelli trascorsi durante i creativi ritrovi all’interno dell’osterie della via del Gorgadello lungo il lato settentrionale del Duomo. Alla stessa Cattedrale Ludovico dedicherà i nostalgici versi della Satira VII, quando, trasferitosi in Garfagnana su incarico di Alfonso I d’Este per governare i possedimenti del Duca in quelle terre, sfogherà il suo dolore e la sua sofferenza per la lontananza con l’amico Bonaventura Pistofilo:


Dalla mia terra, e fuor non ne potrei
Viver contento, ancor che in grembo a Giove,
E s’io non fossi d’ogni cinque o sei
Mesi stato uno a passeggiar fra il Duomo
E le due statue dei marchesi miei,
da sì noiosa lontananza domo
già sarei morto, o più di quelli macro
che stan bramando in purgatorio il pomo.
(Sat. VII, 151 -159)

La Cattedrale di San Giorgio e del Furioso

Davanti alla Cattedrale di San Giorgio l’Ariosto trovò più di un elemento di ispirazione per la sua poetica a partire dalla decorazione della facciata al di sopra della porta maggiore. Qui si trova scolpito, all’interno di una lunetta marmorea,San Giorgio a cavallo nell’atto di trafiggere il drago, opera del maestro Niccolò (o Nicholaus) già artefice della cattedrale e di molti dei fregi che decorano la facciata monumentale. La scena scolpita richiama immediatamente l’episodio del Furioso dove Ruggero, a cavallo dell’Ippogrifo, salva Angelica dal mostro marino a cui era stata sacrificata.

 

Così Ruggier con l'asta e con la spada,
non dove era de' denti armato il muso,
ma vuol che'l colpo tra l'orecchie cada,
or su le schene, or ne la coda giuso.
(O. F. X, 104)


Come scrive il Frizzi, l’edificazione della chiesa nel 1135 per opera del Maestro Nicholaus, risale al periodo in cui “in Italia dominava un tal spirto di edificare templi maestosi che pose in gara le città fra loro per superarsi vicendevolmente in siml genere di grandezza” (Frizzi 1791, p. 124). Il modello stilistico era quelle delle grandi cattedrali romaniche e gotiche erette in Francia nel XII secolo. Lo stile architettonico delle cattedrali francesi seguiva idealmente il clima culturale che si respirava in quelle terre e traeva ispirazione dalla letteratura epica cavalleresca. Così, lo stile romanico veniva abbinato alla poesia delle chansons di Carlo Magno e dei suoi cavalieri, tra cui Rolando invincibile paladino della fede e dell’onore, e lo stile gotico alle gesta dei cavalieri della tavola rotonda. La stessa felice fusione dei due stili, gotico e romanico, convive nella architettura della Cattedrale di San Giorgio, e non si esclude che il rimando al retroscena culturale della letteratura d’oltralpe sia stato ben visibile agli occhi dell’Ariosto, che nel suo Poema, analogamente, fa convivere i due cicli, bretone e carolingio, della letteratura cavalleresca romanza.

L'architettura

La Cattedrale di Ferrara reca impressi nella sua struttura i segni delle varie epoche storiche attraversate dalla città. La facciata a tre cuspidi fu iniziata in stile romanico come appare ancora prevalente nella parte inferiore. In questa fascia spicca il grandioso portale, opera del maestro Nicholaus. La parte superiore sella chiesa, in stile gotico, è caratterizzata dalla loggia centrale su cui è scolpito un magnifico Giudizio Universale. La Cattedrale è stata edificata grazie all’azione congiunta del vescovo Landolfo e dal console Guglielmo II Adelardi per la comunità di Ferrara, fu eretta a partire dal 1135 su terreno comunale. È giunta all'aspetto attuale attraverso l'avvicendarsi nei secoli di aggiunte, modifiche e restauri che ne hanno completamente mutato l’allestimento interno, disperdendo gran parte dell'arredo originario.
All'epoca di Ariosto la magnifica Cattedrale appariva più alta, dato che il livello della piazza era più basso di quello attuale, e si leggeva nel fianco meridionale un'iscrizione incisa lungo il fabbricato, sul lato occupato dalle botteghe degli strazzaroli sotto al portico in marmo. Sopra la Loggia dei Merciai, una terrazza con balaustra, cui si accedeva per due scale, consentiva alla corte estense di assistere alle rappresentazioni laiche e religiose. Sul fianco meridionale si aprivano due porte: la porta dello Staio, con misure di capacità per i commercianti, e quella dei Pellegrini riservata ai fedeli che si recavano in pellegrinaggio a Roma. Questa porta, più comunemente nota come porta dei Mesi, era impreziosita da meravigliose formelle in marmo che raffiguravano sia le operazioni contadine scandite durante l’anno, che i segni dello Zodiaco. L'imponente campanile in marmi bianchi e rosa, attribuito a Leon Battista Alberti, era costituito solo dai primi tre dadi (come ora); mentre l'abside in laterizio, opera dell'architetto Biagio Rossetti, aveva conferito un ordine rinascimentale solenne e maestoso a tutto il Duomo. L'interno era molto diverso: non presentava l'atrio d'ingresso ed era articolato su cinque navate; il coro ligneo dietro l'altare era stato rinnovato dal’architettura absidale di Biagio Rossetti. Tra le opere allora presenti figuravano sopra un architrave posizionato davanti l'altare maggiore le statue bronzee della Crocifissione, San Giorgio e San Maurelio. Il grande organo rinascimentale impreziosito dalle tele dipinte di Cosmé Tura campeggiava sotto l'arco della navata maggiore a sinistra, mentre nella cappella in fondo alla navata sinistra era collocata la Madonna della Melagrana di Jacopo della Quercia.

Testimonianze

Un’accurata descrizione sul come apparisse la struttura dell’edificio si può trovare negli scritti del Cittadella: “Le cinque navi erano distinte e separate da quaranta fra colonne e pilastri di cotto, con basi e capitelli di marmo; le volte a sesto acuto; la soffitta armata di tavole di larice, a cassettoni dipinti di finissimo azzurro, con stelle d'oro nel centro. L'arco soprastante al Sancta Sanctorum era coperto di musaico a colori su fondo d'oro, angeli e mezze figure di profeti [...] Per entrare nel tempio era duopo discendere tre gradini, per cui le pioggie non di rado ne allagarono la parte inferiore [...] Alla superiore poi ascendevasi per nove gradini di marmo rosso e per altri cinque raggiungevasi l'altar maggiore. Questo era stato consacrato nel 1177, e del 1458 trasportato per oltre a due metri più indietro. Il pulpito stava fra le due colonne della quinta arcata a destra per chi entrava nel tempio [...] Erigevasi nel 1515 tutto di marmi, sostenuto da quattro colonne, e sormontato da altrettante di color rosso, sulle quali poggiava il baldacchino” (L. N. Cittadella, Notizie amministrative, storiche, artistiche relative a Ferrara, Forni Editore Bologna).

Bibliografia

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara

Autore

  • Stefania De Vincentis