Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

Acquedotto Monumentale

L’acquedotto monumentale dedicato al fiume Po ed ai suoi affluenti

Secondo acquedotto cittadino sul piano cronologico, è il primo in termini di importanza per il suo carattere monumentale. Realizzato tra il 1930 e il 1932 su progetto di Carlo Savonuzzi, è il cuore di Piazza XXIV maggio e terminale prospettico di Corso Vittorio Veneto.

 


Lat: 44.838343 Long: 11.608115

Costruzione: 1930 - 1932

Categorie

  • fontana | piazza

Tag

  • Acquedotto monumentale | Carlo Savonuzzi | Corso Vittorio Veneto | Piazza XXIV maggio | fontana | Arrigo Minerbi | Ferrara città del Novecento

Storia

Dove anticamente sorgeva la Fortezza Pontificia trovò posto allora l’acquedotto progettato da Carlo Savonuzzi e realizzato tra il 1930 e il 1932, grazie anche alla collaborazione di Enrico Alessandri, disegnatore del Comune. Sul piano cronologico sarebbe stato questo il secondo serbatoio cittadino, dopo quello situato sul Montagnone e inaugurato l’8 giugno 1890, ma il primo per importanza, essendo di natura monumentale. «Punto terminale della nuova condotta potabile derivata dal Po», ricorda Lucio Scardino, «il serbatoio monumentale dell’Acquedotto fu posto al centro del Rione Giardino, fulcro e crocevia scenografico di un quartiere “in fieri”. L’impianto generale si deve a Girolamo Savonuzzi, che impegnato nella progettazione urbanistica dell’ex Piazza d’Armi, lo collocò al termine della prospettiva alberata di Corso Vittorio Veneto» (Itinerari di Ferrara moderna, Alinea editrice, Firenze 1995, p. 121).

Il progetto dell’acquedotto fu dapprima affidato ad Adamo Boari (Marrara, 22 ottobre 1863 – Roma, 22 febbraio 1928). La sua versione rimase incompiuta a causa della morte dell’ingegnere-architetto, tuttavia Carlo Savonuzzi ne riprese l’idea compositiva. Come si è visto, a lui fu definitivamente affidata la riprogettazione, completata dall’opera Il Po e I suoi affluenti, dello scultore Arrigo Minerbi, la statua-fontana collocata sul prospetto.

Costruiti negli anni ’90 i nuovi stabilimenti idrici presso la vicina Pontelagoscuro, gli appartamenti collocati al primo piano, originariamente destinati all’ingegnere e al custode, che restò fino agli anni ’80, furono destinati a uso pubblico.

 

Descrizione

L’acquedotto è alto 37 metri - ovvero quanto la torre scanalata della scuola “Alda Costa”, progettata dal medesimo Carlo Savonuzzi ed eretta tra il 1932 e il 1933 -, per una larghezza di 58 e una capacità di oltre 2500 metri cubi. Si tratta di un’opera monumentale, quasi interamente in cemento armato, completata dalla stata-fontana di Arrigo Minerbi Il Po e i suoi affluenti, che è situata in corrispondenza del prospetto affacciato in direzione di corso Vittorio Veneto.

Nonostante le dimensioni e i materiali, questa struttura mostra nel suo complesso un certo slancio e ariosità. Ciò sia per l’influenza del contesto in cui si inserisce, sia per l’alternanza di pieni e vuoti in cui si articola la composizione architettonica.

La base è a dodecaedro, in riferimento alla perfezione simboleggiata dal numero 12, ovvero tendenzialmente circolare, paragonabile ai templi cinquecenteschi. Essa è ripartita in due sezioni analoghe da altrettante doppie scalinate, poste una verso il prospetto che affaccia su Corso Vittorio Veneto, l’altra sul fronte diametralmente opposto.

Quest’ultima immette agli ambienti collocati al primo piano del serbatoio, concepiti in origine come appartamenti dell’ingegnere e del custode, sotto ai quali, al pian terreno, si trovano altri ambienti, molto ampi, pensati a uso di magazzino. L’altra doppia scalinata conduce a Il Po e i suoi affluenti, l’imponente fontana, realizzata da Arrigo Minerbi, anch’essa in cemento armato. Da rilevare come anche dal punto di vista tematico vi sia una forte continuità tra la struttura edilizia e il contesto ambientale: alla personificazione del fiume, con in mano una brocca sversante acqua corrente, rispondono e corrispondono gli alberi scelti per il verde che circonda la piazza, i pioppi. È questo un richiamo alle Eliadi e al mito di Fetonte, secondo cui il figlio del sole precipitò nel fiume Eridano (antico nome del Po) sulle sponde del quale lo piansero le sorelle, che restarono al suo fianco trasformate, appunto, in pioppi.

Dalla base, rivestita in pietra trachitica, si innalzano 12 colonne alte 12 metri, continuando il riferimento simbolico a circolarità e compiutezza, coperte da una cupola a gradoni.

Notevole, in questo complesso a base tondeggiante, la ricorsività di elementi rettangolari.

 

Collocazione nel contesto urbano

L’edificio in questione si colloca fisicamente e idealmente in quell’area ridefinita a inizio Novecento dal progetto di urbanizzazione e riqualificazione avviato dopo il 1910 dall’ingegnere Ciro Contini (Ferrara, 25 febbraio 1873 - Los Angeles, California, U.S.A. 1952) secondo i principi moderni. Lo stesso nome del rione, Giardino, si lega al suo progetto di città-giardino per quella zona di Ferrara anticamente occupata da Castel Tedaldo e dalla delizia che al tempo degli estensi si ergeva sull’isola di Belvedere. Sulle loro spoglie, dopo la devoluzione estense, fu costruita la Fortezza Pontificia, una piazza d’armi, magazzini e altre strutture, che nella seconda metà dell’Ottocento furono demolite per lasciare il posto a quella che a lungo fu la Spianata e che con l’urbanizzazione di inizio Novecento portò alla concezione e all’avvio dell’attuazione di quella che Carlo Bassi definì Addizione Contini (Ferrara rara. Perché Ferrara è bella, Cernobbio, Archivio Cattaneo editore in Cernobbio, 2015, p. 42).

Essa prevedeva lì l’abbattimento delle vicine mura e la realizzazione di una vasta area verde, che fu in effetti intrapresa nei primi anni del Novecento. Il progetto fu però interrotto dalla prima guerra mondiale.

Su volontà di Balbo e del podestà Ravenna, la ripresa dei lavori, dopo il 1926, portò a una ridefinizione del progetto di Contini e venne avviata la realizzazione di quanto ancora oggi è apprezzabile: l’abbattimento fortunatamente solo parziale delle mura e la nascita dell’asse di Corso Vittorio Veneto, caratterizzato dalle villette signorili e dal serbatoio monumentale dell’acquedotto, in cui si inscrive anche lo stadio “Paolo Mazza”, progettato da Carlo Savonuzzi e inaugurato il 20 settembre 1928. È in quella zona e nelle aree limitrofe che si collocano i principali esempi di espressioni liberty e neo-estensi, che rappresentano, tra l’altro, il tentativo del regime di innestare i nuovi principi estetici nella tradizione architettonica locale precedente e caratterizzante della città.

Fu quella solo una parte della cosiddetta Addizione Fascista (C. Bassi, cit. p. 43), che si è estesa ad altre zone di Ferrara: un intervento massiccio, a livello urbanistico e architettonico, che incluse il riassetto stradale, fognario e della pubblica illuminazione, che unì il recupero dell’esistente alla realizzazione di nuove costruzioni ispirate ai principi razionalisti, ma anche capaci di segnare una continuità con la tradizione locale. Tale intervento si protrasse per tutto il periodo fascista e oltre, con alcune opere compiute nel dopoguerra. Alla complessità e all’estensione diacronica di tale intervento si deve la più corretta denominazione di Addizione Novecentista.

L’acquedotto dista poche centinaia di metri dalla stazione, dal centro storico, ma anche da numerosi beni architettonici di inizio Novecento tra cui, le ville liberty, Palazzo Panfilio, il Palazzo dell’Aeronautica, l’ex Casa del fascio, oltre, appunto, alla scuola Poledrelli.

 

L'edificio negli itinerari turistici

Il portale turistico della provincia ferrarese, Ferrara terra e acqua, annovera il Serbatoio dell’acquedotto nell’itinerario online Architettura moderna.

L’acquedotto è parte dell’itinerario Ferrara città del Novecento.

Testimonianza

«È l’ennesimo edificio sorto in un crocevia dell’erigendo Rione Giardino, necessitante per l’appunto di costruzioni-simbolo che connotassero inequivocabilmente gli angoli del nuovo reticolo viario sia in chiave urbanistica che “sociale”.»

(L. Scardino, Itinerari di Ferrara moderna, Alinea editrice, Firenze 1995, p. 114)

 

Note

Scheda a cura di Barbara Pizzo

 

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara