Scheda: Soggetto - Tipo: Persona

Aldo Augusto Luisada (Firenze, 1901 - Chicago, 1987)

Aldo Augusto Luisada. Archivio fotografico prof. Francesco Portaluppi. © Francesco Portaluppi

Angelo Augusto Luisada insegna alla Facoltà di Medicina dell’Università di Ferrara quando viene sospeso e poi espulso a causa delle leggi razziali. Emigra negli Stati Uniti, dove consegue una brillante carriera come cardiologo. Muore a Chicago nel 1987.


Nascita: 1901

Attività: 1930
Primo professore di Patologia Speciale Medica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia della Regia Università di Ferrara

Date note sulla vita: 1938
Espulsione dall’Università di Ferrara

Date note sulla vita: 1939
Emigrazione negli Stati Uniti

Morte: 1987

Categorie

  • medico | docente universitario

Tag

  • Ferrara ebraica

1. Biografia

Angelo Augusto Luisada nasce nel giugno 1901 a Firenze, città dove consegue anche la laurea in medicina nel 1924. Completa poi la sua formazione come cardiologo in vari istituti universitari europei. Nel 1930 diventa il primo professore di Patologia Speciale Medica presso la Facoltà di medicina e chirurgia della Regia Università di Ferrara, dove insegna anche metodologia clinica. Nell’anno accademico 1937-38 viene nominato direttore di Patologia speciale medica. Nell’autunno-inverno 1938 però, a causa delle leggi razziali, viene sospeso e poi espulso dall’università ed è costretto a emigrare con i genitori negli Stati Uniti. Stabilitosi a Boston deve ricominciare da zero: è costretto persino a ripetere gli studi perché il suo titolo non è riconosciuto negli Usa. Riesce a costruire una brillante carriera universitaria e scientifica, diventando addirittura il medico personale del presidente Dwight T. Eisenhower. Nel 1980 l’Università di Ferrara lo invita a partecipare a una cerimonia in cui gli vengono ufficialmente presentate le scuse per quanto accaduto nel 1938. Muore a Chicago nel 1987, all’età di 86 anni.

2. Testimonianze

Testimonianza di Francesco Portaluppi

«Particolarmente rivelatore del suo stato d’animo rispetto a quelle ormai lontane vicende fu il colloquio che avemmo quando mi offrì un posto di lavoro che mi avrebbe consentito di stabilirmi definitivamente negli Stati Uniti, spiegandomi anche cosa avrei dovuto aspettarmi: “una vita da straniero in terra straniera; solo i tuoi figli – mi disse – saranno completamente e irrimediabilmente americani”. Capii solo allora che anche dopo tanti anni, dietro la sua apparente completa integrazione, si sentiva ancora un profugo e né onori né agiatezza e nemmeno la fortuna di essere scampato alla deportazione potevano rimediare a quel fatto». (Portaluppi 2014, p. 138)

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Ente Responsabile

  • Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara

Autore

  • Federica Pezzoli