Che bel romanzo. Bassani e il giardino dei Finzi Contini attraverso un mosaico di immagini e parole tratte da quotidiani, periodici e riviste del 1962 - page 20-21

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Con questo romanzo,
Il giardino dei Finzi-Contini
, (…) Bassani
ci dà un testo ancora più denso, commosso e commovente, un
testo dotato d’una sua dolcezza e d’una sua perentorietà vera-
mente innegabili, saremmo quasi tentati di dire impareggiabili
nel quadro della nuova narrativa italiana.
(…) Perché questo romanzo di Bassani è nuovo, radicalmente
nuovo, nella sua vernice di apparente, esclusivo rispetto per
quanto è decorosamente antiquato.
(…) La vita continua e il dolore d’un’età diventa una favola,
Micòl spicca come un fiore grazioso sull’orlo di una catastrofe
mondiale.
Oreste Del Buono,
Quaderni Milanesi: Trimestrale di
Lettere e Arti,
febbraio 1962
Caso mai, è molto più interessante notare che siamo di fronte a
uno scrittore che non si limita a cercare il successo facile,
comodo, quale l’industria letteraria propone, ma a uno scrittore
che, pur restando nei suoi limiti, tenta un’operazione molto più
ricca, ritornando sulla strada del romanzo classico che è poi il
romanzo semplice.
Carlo Bo,
La Stampa
, 14 febbraio 1962
In un romanzo carico di amore e di rancori, ambientato, come le
altre sue storie, a Ferrara.
Bassani cerca il cuore nascosto dei Finzi-Contini
Tanto più semplice e lucido, e in fondo così simile ai mediocri
borghesi di Ferrara, il giovane protagonista viene attratto dal
mistero di questa famiglia, che tesse discrezione e ambiguità,
attorno agli avvenimenti, come a impedire loro di accadere.
Pietro Citati,
Il Giorno,
21 febbraio 1962
(…) Vestito di pullover e flanelle inglesi, fine, delicato, Alberto
dedica la sua esile vita alla cura meticolosa ed estetistica delle
cose. Discorre di dischi del suo amato radiogrammofono
Philips, dei suoi mobili di arredamento: incapace di esistere,
sparisce, si cancella nella sua annoiata commedia, succubo della
forza degli altri.
(…) Potrebbe riuscirne un mosaico, una creazione artificiosa; e
invece ci si accorge che questo tipo di arte romanzesca possiede
uno straordinario dono di metamorfosi. Di colpo i piccoli parti-
colari si fondono in un personaggio, che si sposta, impone final-
mente la sua volontà vitale, allo scrittore esterrefatto. Nasce
sotto i nostri occhi, più oscuro e inquietante del vero, il bellis-
simo personaggio di Micòl.
(…) Le domande su Micòl resteranno senza risposta: nessuno
svelerà mai i suoi enigmi.
Pietro Citati,
Il Giorno,
21 febbraio 1962
(…)
Il giardino dei Finzi-Contini
rappresenterà una lettura
memorabile.
(…) Bassani siede raccolto in una poltrona di casa mia, con tra
le dita un sigaro di cui non è convinto: infatti prima di portarlo
alle labbra lo fissa, ogni volta, sorpreso; la giacca ha una linea
di taglio sicuro che su altre spalle apparirebbe ricercata; la cra-
vatta è del colore esatto e ciò nonostante sembra scelta senza
esitazioni.
(…) C’era una volta – prende a dire la favola – nel centro della
città di Ferrara un grande giardino che circondava la casa, la
magna domus
dei Finzi-Contini: tutto un giardino con alberi di
grosso fusto, tigli, olmi, faggi, pioppi, platani, ippocasatani, pini,
abeti, larici, cedri del Libano, cipressi, querce, lecci, e perfino
palme ed eucaliptus.
(…) Ed è appunto la schietta evidenza di questa struttura (di cose
e di personaggi) a consentire a Bassani abbandoni lirici a lui
finora insoliti, l’indimenticabile riuscita di pagine come quelle
sulle riunioni al tempio; quelle della trasfigurazione, in sogno,
della camera di Micòl, o quelle, di ancor più alta temperatura,
dove è narrato il triste pranzo di Pasqua nell’anno delle prime
disposizioni di legge contro gli ebrei.
«Ma quel capitolo», mi dice Bassani, «non è che la trascrizione
di una mia poesia giovanile». E me lo ripete a memoria.
(…) «Ma Micòl», chiedo, «è davvero esistita?». Il lungo e già
assolato pomeriggio si è dissolto, oltre la finestra, in un crepuscolo
di nebbie azzurre e fredde. E Bassani confessa: «Non è esistita».
Poi aggiunge: «Ma come carattere certamente somiglia alla
prima donna cui ho voluto bene».
Domenico Porzio,
Oggi,
22 febbraio 1962
Domenico Porzio,
Oggi,
22 febbraio 1962
Carlo Bo,
La Stampa
, 14 febbraio 1962
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