Che bel romanzo. Bassani e il giardino dei Finzi Contini attraverso un mosaico di immagini e parole tratte da quotidiani, periodici e riviste del 1962 - page 28-29

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Il tempo più remoto di Ferrara appartiene a Covoni, a Bacchelli,
a De Pisis: quello bilicato sull’ultima guerra tocca, per intero, a
Giorgio Bassani.
Alberico Sala,
Corriere d’Informazione,
8 marzo 1962
La necropoli dei sentimenti
Mario Soldati e Italo Calvino, nel presentare un libro di recente,
hanno tutt’e due ricordato che, nei primi racconti ferraresi di
Bassani, il nome della sua città si nascondeva dietro tre asterischi
o una F. puntata. Nel suo cammino dalle “Storie ferraresi” a que-
sto romanzo, dunque, Bassani ha finito per vincere il pudore che
gli vietava di porre la propria città al centro della sua ispirazione.
“Il giardino dei Finzi-Contini” è finalmente e veramente, il libro
di Ferrara.
(…) B
ASSANI
ha vinto, in questa sua prova, un altro suo pudore
anche più acuto: quello di mettere, lui ebreo, al centro di un’am-
pia vicenda personaggi ebrei, in quanto tali; (Italo Svevo non lo
fece mai). Ma come Kafka osservò una volta al suo amico Max
Brod, «un personaggio ebreo significa sempre più che sé stesso».
(…) il milanese Malnate, unico non ebreo tra i giovani protago-
nisti del romanzo, e il solo che salverà, se non la propria vita,
una speranza.
Paolo Milano,
L’Espresso
, 11 marzo 1962
un romanzo di memoria nasce dalla meditazione ripresa di con-
tinuo nelle ore di giorni che non hanno più il calore e il colore di
certi giorni inconfondibili.
Michele Rago,
L’Unità: Organo del Partito Comunista Italiano
,
14 marzo 1962
un tono che è, sì, fra di testimonianza e di memoria, come nelle
altre storie di Bassani; ma che, per il senso immanente di quella
fine, acquista cadenze arcane, come di memoria di là dalla vita,
e insieme memoria rivendicatrice della vita, in quanto fa rivivere
ciò che non è più, lo rende a suo modo immortale. una memoria
a fondo sacro, che come nel rituale del Kippùr convita in imma-
gine i morti familiari, e rinnova con loro l’antico colloquio.
Arnaldo Bocelli,
Il Mondo
, 20 marzo 1962
Certo l’amore è qui al centro ma da questo il romanzo si amplia
con le vicende della città, della comunità israelitica e della fami-
glia Finzi-Contini, diventa romanzo della convivenza umana in
un momento supremo e topico della storia.
Goffredo Bellonci,
Il Messaggero
, 21 marzo 1962
Micòl non è di quelle donne con le quali, come diceva il
Cardarelli «ci si intende solo a vie di fatto»: anche se il suo
cuore, la sua intelligenza, il suo spirito sono sensuali. È una crea-
tura che allo scrittore Bassani non ha chiesto la compiutezza
degli altri personaggi, ma di dare risalto con la sua prosa il suo
stile la sua arte ad aspetti ed azioni, a gesti e parole propri, quelli
che ce la lasciano viva nella memoria e ce la fanno sentire vicina
come una persona. E dobbiamo ringraziare Bassani di averla
condotta, questa indimenticabile creatura, nella realtà dell’arte.
Goffredo Bellonci,
Il Messaggero
, 21 marzo 1962
Ferrara sta dentro, e dietro, i libri di Giorgio Bassani (…): sta
dentro, come scenario delle vicende narrate e spesso come per-
sonaggio corale; sta dietro ad essi, come insieme di ricordi, di
immagini, di sentimenti, amati e odiati a un tempo, che costitui-
scono il terreno vitale dal quale ogni scrittore degno di questo
nome trae la propria forza, la propria autonomia.
Giuliano Gramigna,
Amica: Settimanale di Moda e Attualità
del Corriere della Sera,
1 aprile 1962
(…) occorrerà subito dire che siamo davanti alla più importante
opera di uno scrittore pure della personalità di Bassani, e che
siamo anche di fronte ad una prova inventiva della letteratura
contemporanea che finalmente ci compensa di tante altre delu-
sioni, specie recenti (o almeno, degli ultimi due anni).
(…) Bassani sa scrivere, sa narrare, non ha avuto timori, è riuscito
a rendere accettabile a tutti quella vicenda, quei personaggi: nella
figura bellissima della ragazza Micol molti hanno insieme
appreso qualcosa di un personaggio poeticamente risolto in modo
straordinariamente felice ed hanno potuto riconoscere qualche
aspetto di un proprio ricordo, di una propria vicenda personale.
Leone Piccioni,
Il Popolo: Giornale del Mattino,
3 aprile
1962
Alberico Sala,
Corriere d’Informazione,
8 marzo 1962
Goffredo Bellonci,
Il Messaggero
, 21 marzo 1962
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