Scheda: Luogo - Tipo: Edifici

Chiesa di San Benedetto

La facciata

La chiesa, attualmente inagibile in seguito al sisma del 2012, è il risultato di una ricostruzione fedele dell’edificio originale progettato da Biagio Rossetti e distrutto durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Qui venne conservata la tomba dell’Ariosto dalla morte del Poeta fino al 1801, quando venne trasportata all’interno della Biblioteca Ariostea.


CORSO PORTA PO 81

Costruzione: 1496

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  • via | tomba | tempio | ricostruzione | restauro | porta | nobile | monumento | inaugurazione | guerra | epidemia | edificazione | duca | chiesa

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  • La città di Ludovico Ariosto

La prima sepoltura di Ariosto

In questa chiesa Ludovico Ariosto trovò la sua prima sepoltura. Egli stesso espresse al figlio Virginio la volontà di esser posto in una camera, ora non più esistente, situata in prossimità dell’ingresso della chiesa. La spiccata ironia che contraddistingue l’opera del Poeta emerge anche trattando della sua stessa morte, come emerge dall’epitaffio autografo, oggi conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana.


Di Ludovico Ariosto giaccion le ossa sotto questa pietra, o sotto questo tumulo, o sotto qualunque cosa abbia deciso l’amorevol erede o, dell’erede più amorevol l’amico, o più opportunamente l’occasional viandante: dato non gli fu, infatti, il futuro preveder; tanto gli era il viver a noia da vedersi, qual cadavere, fin la tomba vivamente desiderar. In vita perciò, maturò queste parole che volle sul sepolcro incise: Se propria sepoltura avean un tempo le membra entro l’angusto prescritto spazio era perché il miserello Spirito non trovasse di là quanti pria avea mestamente abbandonati di qua, e là, rimestando la propria polve, a lungo errando vagasse.
(Libera versione tradotta dal latino: Antonio “Gianni” Brescanzin)


Girolamo Baruffaldi, nella sua Vita di Ludovico Ariosto, attribuisce questo testo a uno scherzo giovanile del Poeta verso coloro «i quali in vita hanno la vanità di prepararsi un sepolcro dagli altri separato e distinto» (Baruffaldi 1807, p. 30). Nel 1573 il figlio Virginio, nato dall’unione con l’Orsolina nel 1509, ottenne grazie all’intervento di Agostino Mosti, un tempo allievo del Poeta, di trasportare le spoglie del padre all’interno della chiesa. Lo stesso Mosti si occupò di far edificare, a proprie spese, un’imponente struttura su cui venne posto il busto in fine alabastro a grandezza naturale di Ludovico Ariosto, insieme al nobile epitaffio tributatogli da Gian Battista Guarino. L’inaugurazione del monumento si svolse il 6 giugno del 1573 con una cerimonia solenne durante la quale le ossa del Poeta vennero sistemate nella Cappella dell’Assunta, attigua all’altare maggiore della chiesa. Qui rimarrà fino al 1801 quando, sotto l’amministrazione della Repubblica Cisalpina, i resti del Poeta troveranno l’attuale collocazione all’interno della Biblioteca Civica a lui dedicata.

Il tempio di San Benedetto

La chiesa è uno degli edifici più rilevanti all’interno dell’Addizione Erculea progettata da Biagio Rossetti. La prima pietra dell’edificio fu posta il 3 luglio 1496 dal duca Ercole I d’Este e dal vescovo di Adria Nicolò Maria d’Este col proposito di riservare il tempio al culto di quei monaci benedettini di Pomposa che erano stati costretti a lasciare la propria originaria sede dall’epidemia di malaria. Il proposito di Biagio Rossetti era quello di costruire un originale e complesso organismo chiesastico per Ferrara, caratterizzato da un importante volume edilizio in grado di spezzare addolcire la continuità della strada smorzandone l’effetto “corridoio”. I lavori iniziati dal Rossetti furono ultimati tra il 1535 e il 1553 senza che lui potesse parteciparvi; lo stesso campanile, opera di Giovan Battista Aleotti, fu elevato solo tra il 1621 e il 1646. La struttura poggiava in origine su una pianta a croce latina con tre navate e sei cappelle su ogni lato, dalle cui finestre, imponenti sorgenti luminose, si creava un effetto di luci incrociate dalla forte drammaticità.

I bombardamenti della seconda guerra mondiale, nel 1944, colpirono gravemente la chiesa tanto che della struttura originaria rimase solo lo scheletro di alcuni elementi portanti e delle arcate delle navate principali, escludendo per tanto ogni possibilità di restauro. L’edificio attuale è stato fedelmente ricostruito sul modello originale tra il 1952 e il 1954, un “modello in scala dal vero”, come la definisce Bruno Zevi, che trovò come unica attenuante alla riedificazione di un palese falso “l’insostituibilità della sua massa nell’equilibrio urbanistico dell’Addizione” (Zevi 1960, fig. 151). La ricostruzione rispetta gli elementi principali del disegno originario. Durante la guerra, al fine di ricoverarle in luoghi più sicuri, il tempio fu privato dei suoi dipinti originali tra cui opere dello Scarsellino che, a detta del Brisighella “in questa chiesa veramente operò cose meravigliose”. Le pitture attualmente sono conservate nella Pinacoteca Nazionale di Ferrara.

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara

Autore

  • Stefania De Vincentis