MEIS versione Beth[a] all'inizio di un percorso lungo 22 secoli - page 40-41

Per raccontare la storia più che bimillenaria della presenza
ebraica in Italia non si può che cominciare
Be’-Reschit
, dall’ini-
zio. Un inizio poco conosciuto.
Ben diversamente da quanto è avvenuto nel resto del mondo
antico e poi lungo la storia degli ebrei europei, questi non arri-
varono a Roma come schiavi deportati, sradicati a forza dalla
propria terra, dalla propria religione dalle proprie usanze. Gli
ebrei giunsero dalla Giudea, appena strappata allo strapotere
degli assiri ellenizzati, da alleati.
Dice il primo libro dei Maccabei (libro apocrifo per i canoni ebraici
e protestanti, ma che fa parte della Bibbia cattolica) che Jehudàh
ha-Maccabì «venne a conoscere la fama dei Romani: che essi erano
molto potenti e favorivano tutti quelli che simpatizzavano per loro
e accordavano amicizia a quanti si rivolgevano a loro» e che egli
scelseEupolemo, figliodi Johannan, eGiasone, figliodi Eleazar, per
andare a Roma: era il 161 avanti Era Comune (a.E.C).
Eupolemo e Giasone, dopo un viaggio lunghissimo si presenta-
rono in Senato così: «Giuda, chiamato anche Maccabeo, e i
suoi fratelli e il popolo della terra di Giudea ci hanno inviati a
voi, per concludere con voi alleanza e amicizia e per essere
iscritti tra i vostri alleati e amici.»
Ai Senatori «piacque loro la proposta» e stilarono, su tavolette
di bronzo, un trattato.
Flavio Giuseppe riferisce, sia nelle
Antichità giudaiche
(libro
XII, cap. 10-6) che nelle
Guerre giudaiche
(libro I, 1,3), lo stesso
episodio.
Negli anni successivi, anche i fratelli di Giuda, Jonathan e
Simone, inviarono degli ambasciatori per rinnovare il trattato
(vedi primo Maccabei 12, 1-23, Flavio Giuseppe
Antichità giu-
daiche
XIII 164-170 e primo Maccabei 14, 25 e Flavio Giuseppe
Antichità giudaiche
XIII, 227, ecc.). Sulla base delle fonti, perciò,
è possibile affermare che tra il 161 e il 132 a.E.C. la Giudea gui-
data dai Maccabei abbia inviato a Roma almeno tre delegazioni
successive di ambasciatori. Al seguito dei diplomatici arrivarono
i mercanti che si stabilirono nell’allora capitale della Repubblica
assieme alle loro famiglie e a quelle delle persone che lavora-
vano per loro. Poi via via si aggiunsero numerosi schiavi e liberti,
presumibilmente provenienti soprattutto da Delos.
Dunque, intorno al 130 a.E.C. abitava a Roma una comunità
ebraica di discrete proporzioni e piuttosto ben inserita nel con-
testo socio economico della città.
Con l’espansione dell’Impero Romano, l’annessione della
Giudea sotto Pompeo (63 a.E.C) e la sua successiva marcia su
Gerusalemme, il nucleo ebraico nell’Urbe divenne sempre più
numeroso e forte. All’epoca di Giulio Cesare, agli ebrei romani
vennero concessi numerosi privilegi in grazia dei sostanziosi
aiuti finanziari accordati al generale durante la guerra contro
Pompeo. Queste concessioni furono confermate da Antonio e
da Augusto. Agli albori dell’era cristiana, si stima che in Italia
fossero presenti circa 45.000 ebrei su una popolazione totale di
7.000.000 di persone (circa il 6,5 per mille), concentrata
soprattutto nella capitale e nel sud della penisola. Un secolo più
tardi, dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme avve-
nuta per mano di Tito nel 70 e la deportazione di un gran
numero di ebrei dalla provincia di Palestina, gli ebrei in Italia
erano più o meno 60.000 su una popolazione di circa
7.700.000 persone. Nei secoli bui, la popolazione ebraica in
Italia andò pian piano decrescendo, fino a raggiungere, intorno
al 1300, la percentuale del 2,3 per mille. Tra il 1400 e il 1600,
invece, gli ebrei in Italia si fecero più numerosi (circa il 5,6 per
mille della popolazione globale) per poi tornare a diminuire in
percentuale fino all’attuale 0,5 per mille.
è ARRIVATO l
AMBASCIATORE
Bibbia
, latina, manoscritto con segnatura E 53 inf., foglio 226
verso
(1 Maccabei 4, 36-59)
Traduzione a cura della Conferenza Episcopale Italiana, 5 novembre 2003
Giuda intanto e i suoi fratelli dissero: «Ecco sono stati sconfitti i nostri nemici: andiamo a puri-
ficare il santuario e a riconsacrarlo.»
Così si radunò tutto l’esercito e salirono al monte Sion.
Trovarono il santuario desolato, l’altare profanato, le porte arse e cresciute le erbe nei cortili
come in un luogo selvatico o montuoso, e gli appartamenti sacri in rovina.
Allora si stracciarono le vesti, fecero grande pianto, si cosparsero di cenere,
si prostrarono con la faccia a terra, fecero dare i segnali con le trombe e alzarono grida al Cielo.
Giuda ordinò ai suoi uomini di tenere impegnati quelli dell’Acra, finché non avesse purificato il
santuario.
Poi scelse sacerdoti incensurati, osservanti della legge,
i quali purificarono il santuario e portarono le pietre profanate in luogo immondo.
Tennero consiglio per decidere che cosa fare circa l’altare degli olocausti, che era stato profanato.
Vennero nella felice determinazione di demolirlo, perché non fosse loro di vergogna, essendo
stato profanato dai pagani. Demolirono dunque l’altare
e riposero le pietre sul monte del tempio in luogo conveniente finché fosse comparso un profeta
a decidere di esse.
Bibbia
, latina, manoscritto con segnatura E 53 inf., foglio 229
verso
(1 Maccabei 8, 19-32)
Traduzione a cura della Conferenza Episcopale Italiana, 5 novembre 2003
Giuda pertanto scelse Eupòlemo, figlio di Giovanni, figlio di Accos, e Giasone, figlio di Eleàzaro,
e li inviò a Roma a stringere amicizia e alleanza
per liberarsi dal giogo, perché vedevano che il regno dei Greci riduceva Israele in schiavitù.
Andarono fino a Roma con viaggio lunghissimo, entrarono nel senato e incominciarono a dire:
«Giuda, chiamato anche Maccabeo, e i suoi fratelli e il popolo dei Giudei ci hanno inviati a voi,
per concludere con voi alleanza e amicizia e per essere iscritti tra i vostri alleati e amici.»
Piacque loro la proposta.
Questa è la copia della lettera che trascrissero su tavolette di bronzo e inviarono a Gerusalemme,
perché vi rimanesse come documento di amicizia e alleanza per i Giudei.
«Salute ai Romani e al popolo dei Giudei per mare e per terra sempre; lungi da loro la spada
nemica.
Se verrà mossa guerra prima contro Roma o contro uno qualsiasi dei suoi alleati in tutto il suo
dominio,
il popolo dei Giudei combatterà al loro fianco con piena lealtà come suggerirà loro l’occasione;
ai nemici non forniranno né procureranno granaglie, armi, denaro, navi, secondo la decisione di
Roma, ma manterranno i loro impegni senza compenso.
Allo stesso modo se capiterà prima una guerra al popolo dei Giudei, combatteranno con loro i
Romani con tutto l’animo, come permetteranno loro le circostanze;
ai nemici non forniranno granaglie, armi, denaro, navi, secondo la decisione di Roma; osserve-
ranno questi impegni senza frode.
Secondo queste formule i Romani hanno stabilito un’alleanza con il popolo dei Giudei.
Se dopo queste decisioni vorranno gli uni o gli altri aggiungere o togliere qualche cosa, lo faran-
no di comune accordo e quello che avranno aggiunto o tolto sarà obbligatorio.
Riguardo poi ai mali che il re Demetrio compie ai loro danni, gli abbiamo scritto: Perché aggravi
il giogo sui Giudei nostri amici e alleati?
Se dunque si appelleranno contro di te, difenderemo i loro diritti e ti faremo guerra per mare e
per terra.»
Biblia sacra at non integra ut ex indice codici praefixo
, secolo X.
Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana,
ms. E 53 inf, ff. 226
verso
e 229
verso
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