MEIS versione Beth[a] all'inizio di un percorso lungo 22 secoli - page 28-29

Dopo numerosi roghi di libri sacri avvenuti nel 1553, gli ebrei italiani
si riunirono in Sinedrio, nel giugno del 1554, a Ferrara dove presero
una decisione dolorosa: ogni libro pubblicato da quel momento in
poi avrebbe dovuto passare una sorta di autocensura. Ma questo non
bastò a placare la furia del papato, che scaricava sugli ebrei la rabbia
per la Riforma protestante. Il 14 luglio 1555, papa Paolo IV promul-
gava la bolla
Cum nimis absurdum
, nella quale veniva stabilito l’obbli-
go di residenza coatta, in quartieri cinti da alte mura, per tutti gli ebrei
abitanti nelle terre dello Stato della Chiesa. Per oltre 300 anni a Roma
gli ebrei furono reclusi in poco più di tre ettari, in una situazione ine-
vitabilmente malsana per il tremendo affollamento, con qualche
migliaio di persone ammassate in pochi isolati di città. In questa
situazione disperata, agli ebrei veniva anche imposta, ad ogni morte
di papa, un’ulteriore vessazione. Durante il periodo, molto pericolo-
so per loro, della Sede Vacante erano costretti a pagare la propria
sicurezza alla guardia pontificia: migliaia e migliaia di scudi per la
guarnigione, il loro alloggio, il loro nutrimento. Poi, una volta che si
intravedeva, di là dal fiume, la fumata bianca, rendevano omaggio al
nuovo papa-re: in tempi più antichi con l’esposizione o il dono di un
Rotolo Sacro (che veniva sdegnosamente rifiutato dal nuovo pontefi-
ce, e gettato a terra, profanandolo), successivamente con l’addobbo
di un tratto del percorso della cosiddetta “Cavalcata Papale o del
Possesso”, durante la quale il papa prendeva il controllo del Laterano,
della diocesi di Roma e della Santa Sede. La partecipazione degli
ebrei alla cerimonia, al pari di ogni altro gruppo sociale ed economi-
co della città, ciascuno responsabile di un tratto di percorso, rappre-
sentava, proprio nella sua contraddittorietà, una forma rituale di
inclusione della piccola comunità ebraica nel cuore della capitale
della cristianità.
Dopo la dichiarazione
Nostra Aetate
del 1965, che ristabiliva rappor-
ti altrimenti dolorosamente difficili fra la Chiesa e il popolo ebraico,
e a seguito delle visite di Giovanni Paolo II, prima, e Benedetto XVI,
poi alla Sinagoga di Roma, i legami tra gli ebrei e la Chiesa hanno
ritrovato una strada verso una sincera e rispettosa armonia.
Si vedano Pier Francesco Fumagalli,
Roma e Gerusalemme. La Chiesa cattoli-
ca e il popolo d’Israele
, Milano 2007 e
Et ecce gaudium : gli ebrei romani e la ceri-
monia di insediamento dei pontefici
, a cura di D. Di Castro, catalogo della
mostra (Museo Ebraico di Roma, 17 gennaio-11 marzo 2010), Roma 2010.
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Rachel Luzzatto Morpurgo nacque a Trieste nel 1790 in una famiglia
di grandi dotti di ebraismo: suo cugino, Samuel David Luzzatto
(1800-1875), noto come ShaDaL, fu uno dei più grandi Rabbini ita-
liani dell’epoca moderna.
Ma Rachel è una di quelle donne, non rare nell’ebraismo, soprattutto
italiano, celebri per se stesse, per il proprio personalissimo valore e
per il proprio lavoro, singolare e caratteristico.
Rachel, dopo aver studiato in casa sia materie classiche che ebraico ed
ebraismo, spesso gomito a gomito con l’amatissimo cugino, scoprì sin
da molto giovane la sua vena poetica e iniziò a comporre, in ebraico e
in italiano, numerosi sonetti e poesie, che inviava a ShaDaL ed a altri
amici, di solito all’interno delle lettere che si scambiavano quasi quo-
tidianamente.
A 29 anni, dunque non giovanissima per l’epoca, si sposò, contro il
parere della famiglia, con un imprenditore di Gorizia, Giacobbe
Morpurgo. Col matrimonio Rachel sperava di potersi impegnare
maggiormente nella scrittura. Ma le sue speranze vennero frustrate
fin da subito: suo marito, profondamente contrariato dai suoi studi e
dai suoi sforzi letterari, le chiedeva infinita devozione. Rachel diven-
ne madre di tre figli, ai quali cuciva persino i vestiti con grande mae-
stria, e per volontà di Giacobbe, scrisse solo di notte e ad ogni
Rosh
Hodesh
, il primo giorno di ogni mese ebraico, festività minore che la
tradizione tramanda essere stata donata dal Signore alle donne, come
giorno di riposo. E in segno di modestia e di devozione al marito si fir-
mava con l’acronimo RiMà, che stava per Rachel Morpurgo
Ha-
Ketanà
, Rachel Morpurgo la piccola. Ma la parola ebraica RiMà in
ebraico significa verme!
Per il centenario della sua nascita, uno dei suoi cugini, Vittorio Isach
ChaimCastiglione, pubblicò a Cracovia una raccolta postuma di poe-
sie e scritti di Rachel, intitolata
Ugav Rachel
(
L’arpa di Rachel
). E
dagli anni Venti del Novecento fino ai giorni nostri è diventata uno
dei simboli dell’emancipazione femminile ebraica, prima, e poi uno
dei grandi miti del movimento femminista delle donne ebree
Ortodosse e Riformate americane, non a caso unite nella loro passio-
ne per una figura di donna così straordinaria.
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Grande Storia: il ghetto al di là del fiume
Piccole storie: l’arpa di Rachel
le colonne d’Ercole con il motto NE AlIQuID MAlI
INgREDIATuR – BENEDICTIONES SuPER CAPuT PIJ
(Parab. Cap. XX. Ver. VI)
Acquerello ed inchiostro su cartoncino, mm 525 x 765
Roma, Archivio Storico della Comunità Ebraica di
Roma – ASCER
Pannello dipinto con figure simboliche e frasi di gioia inneggianti a Pio VI
(Giovanni Angelico Braschi, 1717-1799), scritte in latino ed ebraico, realizza-
to dagli ebrei romani per la cerimonia di insediamento del pontefice nel 1775.
lettera autografa di Rachel Morpurgo al cugino Samuel David
luzzatto, Trieste, 12 dicembre 1838
Roma, Centro Bibliografico Tullia zevi dell’unione delle Comunità
Ebraiche Italiane, fondo Samuel David luzzatto, doc. 2496
La poetessa Rachel Luzzatto Morpurgo (1790-1871) era di raffinatissima cultura: nella lettera,
scritta in italiano, utilizza numerose parole ebraiche e inserisce uno dei suoi sonetti, scritto utiliz-
zando i caratteri
rashì
, una calligrafia particolarmente dotta, normalmente appannaggio degli
uomini, Rabbini e saggi.
1...,8-9,10-11,12-13,14-15,16-17,18-19,20-21,22-23,24-25,26-27 30-31,32-33,34-35,36-37,38-39,40-41,42-43,44-45,46-47,48-49,...62
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