Max Ascoli e Ferrara - page 74

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Max Ascoli e Ferrara
Il fascicolo “Max Ascoli” della Questura di Ferrara
Un’atmosfera cupa ed inquietante, per la violazione degli intimi affetti fa-
miliari, emerge dalla lettura di questa sezione, dalla quale si evince che
le lettere tra il padre Enrico e il figlio Max erano in gergo poliziesco “re-
visionate”, cioè aperte e lette per appurare trame oscure e sovversive per
cui il padre si dice “
felice di poterlo ancora rivedere, recandosi ad incon-
trarlo nella Savoia
[122]
, e che per questo “
attende un telegramma… che
gli precisi la località e l’albergo della Savoia
[123]
. Max infatti non poteva
rientrare in Italia, in quanto un dispaccio della Questura di Roma del 27
febbraio del 1935 stabiliva che “
il connazionale Ascoli Max Mosè… sia
iscritto nella rubrica di frontiera per il provvedimento di arresto nel caso
di reingresso nel Regno
[124]
.
L’ultima sezione, costituita dal vaglio della produzione intellettuale del
sorvegliato, negli anni del suo soggiorno statunitense
[125]
, evidenzia alme-
no due dati importanti per la nostra indagine, volta ad appurare le mo-
dalità e le caratteristiche di una inchiesta tipica sui sorvegliati speciali. Il
primo elemento, che emerge dalla lettura dei resoconti di chi era prepo-
sto alla sorveglianza dell’operato di Ascoli, evidenzia una precisa volon-
tà, da parte dell’osservatore, nel voler minimizzare il valore della perso-
na controllata e la portata dell’impatto sull’uditorio americano delle ri-
flessioni giuridico-politiche dello studioso. Si legge infatti, nel rapporto
redatto dal Console italiano a Washington, dopo una conferenza di Asco-
li a Philadelphia, il 9 marzo 1926
[126]
, “
Persona che avevo incaricato di es-
sere presente alla conferenza mi riferisce che il pubblico era composto da
persone non importanti (vi erano anche dei neri), e che ammontava ad
un centinaio di persone. L’Ascoli che pronuncia male l’inglese e in modo
poco intelligibile lesse la propria conferenza, dicendo che la democrazia
più che essere minacciata dal Fascismo, è minacciata dalla democrazia
stessa, data l’apatia del popolo che preferisce e lascia che la politica ven-
ga diretta e manipolata da politicanti di professione che s’impongono co-
me “leaders”… Il mio osservatore mi dice di aver avuto l’impressione che
il discorso lasciò insoddisfatto il pubblico… Dopo fu fatta una colletta…
che sembra non sia stata molto generosa…
”.
In occasione di un’altra conferenza, alla quale si precisa erano presenti
circa 150 persone, quasi tutti ebrei, 4 o 5 italiani solo… Non vi furono
applausi
[127]
.
I resoconti nel minimizzare il contributo intellettuale dell’oratore sorve-
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