Max Ascoli e Ferrara - page 21

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La diffusione dello studio
[9]
presso gli Ebrei, era dovuta alla necessità di
conoscere e far conoscere ai loro discendenti i Testi Sacri, vera e unica
base della cultura, fonte ad un tempo della fede e della scienza. Il bambi-
no ebreo imparava a leggere e a scrivere in ebraico, passava quindi alla
lettura della Torà, costituita dai primi 5 libri della Bibbia, e a qualche fa-
cile commento biblico, senza però trascurare la lingua del Paese e l’arit-
metica… per continuare con il Talmùd
”(Poliakov, 1963)
[10]
.
Anche le scienze profane erano approfondite, per cui “
Era un insegna-
mento generale e religioso insieme, in cui preghiera e studio si mescola-
vano continuamente... La prima ragione poteva essere di carattere esclu-
sivamente religioso, in realtà il peso della tradizione religiosa si conser-
vava integro, soprattutto a causa delle condizioni in cui vivevano gli
ebrei, tutti insieme e isolati dai cristiani.
Ma proprio lo studio e la cultura in genere, li predisponeva ad incentiva-
re sempre reiterate aperture e curiosità; inoltre studiavano perché la loro
principale attività, con le relazioni umane implicatevi, lo richiedevano: il
mondo degli affari richiedeva il sapere, l’istruzione
” (Poliakov, 1963)
[11]
.
Una frase del decreto di Graziano, fondamento del diritto canonico
[12]
, re-
citava che “
il mercante mai o difficilmente può piacere a Dio
” in quanto
esercitava uno degli “
illicita negotia o inhonesta mercimonia
” (Alberi-
go,1978)
[13]
.
I “
vilia officia
”, che precludevano l’accesso alla carriera ecclesiastica o
che privavano anche del diritto di rivestire cariche civiche, se da una
parte erano mestieri “caldamente sconsigliati” ai Cristiani poiché veicolo
di perdizione eterna, dall’altra erano permessi agli Ebrei, in quanto
esclusi per “
omnia saecula saeculorum
” da ogni salvezza. I lavori “
infa-
manti
” avevano a che fare col sangue (macellazione), con la sporcizia
(concia delle pelli, follatura e tinteggiatura dei tessuti), con la prostitu-
zione o con il mondo delle locande e della magia. Il primo, tra tutti i la-
vori “indegni”, era il commercio e l’usura, in quanto il “
lucrum
” si scon-
trava con la concezione cristiana del tempo. Quest’ultimo, infatti, appar-
tenendo a Dio, non poteva essere venduto per percepirne un interes-
se
[14]
. Il prestare denaro, perciò, e in generale il commercio, vietati ai cri-
stiani dal diritto canonico, divennero così campo d’azione per gli Ebrei,
che al riguardo non avevano speciali divieti
[15]
.
Tollerati dalla comunità cristiana, con la quale interagivano soprattutto
Max Ascoli e Ferrara
La presenza ebraica a Ferrara
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