Max Ascoli e Ferrara - page 22

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per motivi di affari e per il “giro di moneta”, erano comunque da essa
distinti tramite contrassegni
[16]
e precisi divieti, come quelli previsti dagli
Statuti di Ferrara del 1287 che stabilivano che “
nessun giudeo, uomo o
donna esca di casa il venerdì e il sabato santo, sotto pena di 10 lire di
ferrarini
” (Franceschini, MMVII)
[17]
.
Questa ambivalenza la si registra anche durante il periodo del potere
estense, quando la comunità ebraica ferrarese, raggiunse le 2000 unità.
Le generali condizioni di vita favorevoli che la penisola italiana (“
I-tal-
yah
”, isola della rugiada divina), faceva già presagire dal suo stesso no-
me ebraico, trovavano ulteriori conferme nella città estense, chiamata
dagli Ebrei “
la prima Gerusalemme
” (Muzzarelli,1987)
[18]
o “
il rifugio
d’Italia più sicuro
” (Graziani-Secchieri, 2008)
[19]
, dato che una particolare
attenzione politica aveva favorito e incentivato il progressivo potenzia-
mento dell’originario insediamento.
Così se da una parte, Ercole I scriveva, il 20 ottobre 1492 al suo amba-
sciatore a Genova per garantire ad un gruppo di Ebrei sefarditi, cacciati
dalla Spagna, privilegi ed immunità
[20]
; se, “
l’ebreo Tusebec era compagno
di gioco dei figli di Ercole I, Alfonso ed Ippolito
” (Zambotti, 1973)
[21]
, dal-
l’altra parte il duca d’Este (3 aprile 1476) ordinava che tutti gli Ebrei por-
tassero cucito sul petto un segno a forma di cerchio di stoffa gialla, op-
pure un palmo di cordella color arancio, ben visibile, sotto pena di 10
ducati d’oro
[22]
. E ancora, se nel 1461 il duca Borso obbligò gli Ebrei a
pagare le spese per la selciatura della Strada degli Angeli e a piantare
pioppi su entrambi i lati della stessa
[23]
, nel 1481 Ercole I concesse di co-
struire a Ferrara, in Via dei Sabbioni, una casa adibita a Sinagoga. Il ban-
chiere romano Sir Samuel Mele o Melli “
ebreo desideroso per sua devo-
zione e per la conservazione della sua legge di fare qualcosa di comodo e
di utile alla salute spirituale sua e degli ebrei
”, aveva ottenuto, dal duca
d’Este, di poter costruire in Via Sabbioni una casa, in cui “
si sarebbe
mantenuto riservato a comune uso degli ebrei il locale della ufficiatura
(Franceschini, MMVII)
[24]
.
La gestione, anche se non sempre lineare ed omogenea, dei rapporti dei
signori d’Este con il gruppo ebraico, favorì comunque l’affermarsi, sem-
pre più solido e stabile, della presenza israelitica nella città. Infatti nel
1573 si costituì a Ferrara una vera Comunità o Università degli Ebrei: la
corporazione italiana e tedesca, ognuna governata da un proprio Rabbi-
Max Ascoli e Ferrara
La presenza ebraica a Ferrara
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