Max Ascoli e Ferrara - page 27

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rale o comunque erano percepite come estranee al corpo sociale
[47]
.
Il tentativo dello stato moderno di confermarsi e di perpetuarsi in forza
di una capillarità del controllo, di una sorveglianza continua, di una
esclusione coatta, venne magistralmente delineato nel Panopticon di Je-
remy Bentham
[48]
. Alla base dell’ambizioso progetto di totale dominio del
politico e del sociale in uno stato, c’era la grande innovazione che per
esercitare il potere, bene e facilmente, chi era oggetto di sorveglianza
doveva essere sempre visibile
[49]
. “
L’oscurità, come gli spazi d’ombra nel-
la società possono fomentare arbitrarietà politica, superstizioni religiose,
illusioni dell’ignoranza, per cui il potere, nell’ipotesi di evitare ciò, orga-
nizzava lo spazio, lo dominava, lo governava
” (Foucault, 1983)
[50]
.
Perciò l’instaurazione del Ghetto a Ferrara venne attuata come conse-
guenza, del dominio diretto Stato della Chiesa sul territorio (devoluzione
del 1598), a cui venne estesa l’applicazione di tutta la normativa concer-
nente gli Ebrei, già in vigore negli Stati Pontifici. Tale istituzione fu però
anche effetto delle nuove idee guida dello stato moderno che si illudeva,
con il sistema della “
visibilità isolata
”, di controllare e contenere in una
struttura circoscritta le potenziali spinte centrifughe, o comunque ritenu-
te destabilizzanti, dell’assetto del potere.
L’asse portante che reggeva l’idea del Ghetto, come delle altre strutture
di internamento, era il concetto di staticità. Si presumeva paradossalmen-
te di bloccare nello spazio e nel tempo, in una situazione di completa
anomalia, migliaia di persone, illudendosi, in tal maniera, di controllarle,
di dominarle, di avere potestà, non solo sui loro corpi, ma pure sulle lo-
ro azioni, motivazioni, pensieri, aspirazioni e sogni.
Il Ghetto, invece, più di ogni altra struttura di internamento, sviluppò,
per l’antica storia del popolo ebraico da sempre soggetto alla diaspora e
dunque a reinventarsi modalità non solo di sopravvivenza, ma anche di
sviluppo e di evoluzione, una essenziale struttura dinamica. Il popolo
ebraico, soggetto da sempre all’esodo e alla necessaria riformulazione e
riappropriazione di una propria identità, nel continuo succedersi di tem-
pi e spazi diversi, nel susseguirsi di modalità sempre differenti di intera-
zione con le forme di potere dominante, aveva sviluppato, e progressi-
vamente consolidato, un sistema di relazioni socio-politico-culturali, sia
tra gli stessi membri della comunità, sia tra il gruppo ebraico e la mag-
gioranza cristiana in cui erano inseriti. La consuetudine degli Ebrei a ma-
Max Ascoli e Ferrara
Il Ghetto
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